Rinuncia tacita del figlio al mantenimento. La Corte di Cassazione, prima sezione civile, nell’ordinanza n. 32529/18 ha stabilito che il coniuge affidatario è titolare di un diritto iure proprio, ha diritto al mantenimento per il figlio maggiorenne, anche se quest’ultimo ha rinunciato al contributo, in quanto l’obbligo di mantenere la prole non cessa con la maggiore età venendo pertanto, in rilievo la non autosufficienza economica del giovane appunto.
Nello specifico: la Corte ha respinto il ricorso di un uomo nei confronti della ex moglie, nei confronti della quale la Corte d’Appello aveva confermato il contributo per il mantenimento della loro figlia maggiorenne non economicamente autosufficiente. Secondo il ricorrente tale assegno sarebbe dovuto essere revocato avendo la ragazza espressamente rinunciato allo stesso per il tramite del difensore in primo grado, dichiarazione ritenuta inifluente dal Tribunale in quanto afferente a diritti indisponibili e della quale la Corte d’Appello non aveva tenuto conto secondo l’uomo. Infatti l’obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma si protrae, qualora questi, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori.
Rinuncia tacita del figlio al mantenimento. Pertanto, ne consegue che, in tale ipotesi, il coniuge separato o divorziato, già affidatario, è legittimato, “iure proprio” a ottenere dall’altro coniuge un contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne e, in via concorrente, con la diversa legittimazione del figlio, che trova fondamento nella titolarità, in capo a quest’ultimo, del diritto al mantenimento.
Pertanto, l’eventuale rinuncia del figlio al mantenimento, anche a prescindere dalla sua invalidità, dovuta alla indisponibilità del relativo diritto non potrebbe in nessun caso spiegare effetto sulla posizione giuridico – soggettiva del genitore affidatario quale autonomo destinatario dell’assegno.
La Corte di appello ha fatto applicazione di detto principio in quanto si è limitata a valutare il contenuto della dichiarazione escludendo che emergessero circostanze di fatto significative di una effettiva raggiunta autosufficienza della figlia, senza attribuirle il valore di rinuncia e la decisione è immune da vizi.