Risarcimento su metropolitana : I mezzi più usati per gli spostamenti e i movimenti nelle grandi città sono l’automobile e i mezzi di trasporto (bus e metropolitana).
Ci siamo più volte soffermati sulle conseguenze in caso di danni a seguito di sinistri stradali.
Oggi scopriremo come dobbiamo comportarci in caso di incidenti in cui restiamo coinvolti sui mezzi di trasporto pubblico.
Ai sensi dell’art. 1681 c.c. “il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell’avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno, salva la responsabilità per il ritardo e inadempimento nell’esecuzione del trasporto”.
Solitamente la Corte di Cassazione ritiene sussistere una presunzione di responsabilità in capo al vettore se questi non dimostra di aver adottato tutte le misure idonee e più opportune per evitare il danno al passeggero.
Gli Ermellini, con sentenza n, 249/2017, sono andati oltre: il principio della presunzione di responsabilità in capo al vettore sussiste anche nonostante la condotta più o meno negligente o diligente posta in essere dal viaggiatore.
Nel caso di specie, una donna aveva convenuto in giudizio l’Azienda di Trasporti al fine di chiedere il risarcimento dei danni subiti a seguito della chiusura delle porte malfunzionanti di un treno della metropolitana riportando così importanti lesioni personali.
Il Giudice di primo grado aveva rigettato la domanda della viaggiatrice sostenendo che la stessa aveva mostrato una certa negligenza, ignorando le segnalazioni acustiche e violando il divieto di interporre ostacoli alla chiusura di porte, liberando così il vettore dalla presunzione di colpevolezza.
Anche il Giudice d’appello confermava la sentenza, riconoscendo il comportamento negligente, poco diligente e quindi colposo serbato dalla donna al momento della discesa dal convoglio.
Nel ricorso in Cassazione, la donna ha contestato che la condotta colposa individuata a suo carico valesse, di per sé, ad esonerare l’azienda di trasporto dal dimostrare “di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.
In primo luogo, infatti, ha sostenuto la donna ha contestato, sarebbero dovuti essere presenti dispositivi antischiacciamento che permettono la riapertura automatica ed immediata delle porte prima della ripartenza del treno in presenza di ostacoli che impediscono la perfetta chiusura e che, nel caso di specie, non esistevano o se esistevano non funzionavano in modo adeguato.
In secondo luogo il macchinista avrebbe dovuto assicurarsi dell’avvenuta chiusura di tutte le porte prima della ripartenza del convoglio, mentre di fatto il treno era ripartito e si era fermato dopo diversi minuti di percorso, liberando la signora dalle strette delle porte.
E in ogni caso, la presenza di un eventuale concorso di colpa della donna non esclude la responsabilità del vettore, in assenza della necessaria prova liberatoria, in tale sede non soddisfatta.
Gli Ermellini hanno così ritenuto che i giudici di primo e secondo grado hanno confuso il concorso di colpa (possibile) della vittima con il superamento della presunzione , alla luce del fatto che la condotta della vittima non appariva tale da determinare il superamento della presunzione.
A detta degli Ermellini, il Giudice di secondo grado, non ha accertato che l’azienda avesse “adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”, come per esempio la perfetta chiusura delle porte.
Gli Ermellini rammentano poi che “nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore danneggiato ha l’onere di dimostrare, oltre all’entità del danno, il nesso esistente tra il trasporto e l’evento dannoso, incombendo sul vettore la prova che l’evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando l’ordinaria diligenza e di aver posto in essere tutte le misure idonee per evitarlo”.