In fase di separazione giudiziale, il Giudice, per evitare che la durata dei processi possa creare pregiudizio alle Parti, specie se si è in presenza di figli minorenni, può adottare ai sensi dell’art. 708 c.p.c. i cosiddetti provvedimenti temporanei ed urgenti ritenuti opportuni proprio nell’interesse del coniuge e dei figli.
Il contenuto di tali provvedimenti riguarda l’autorizzazione dei coniugi a vivere separati, la determinazione del mantenimento o degli alimenti, l’affidamento e il mantenimento dei figli, l’assegnazione della casa familiare.
Avverso a tale ordinanza del Presidente, ciascuna Parte può proporre reclamo avverso la Corte d’Appello entro il termine di 10 giorni dalla notifica del provvedimento alle Parti.
Il quesito di oggi è il seguente: i provvedimenti provvisori ed urgenti possono essere adottati anche nei procedimenti ex art. 316 c.c. ovvero quei procedimenti che riguardano coppie non sposate, ma conviventi e che vogliono “regolarizzare” l’affidamento del figlio minorenne o il suo mantenimento?
La risposta, a parare del Tribunale meneghino, sembrerebbe affermativa ed andrebbe letta sempre guardando l’esigenza e il superiore interesse del minore, anche se nato fuori dal matrimonio, a maggior ragione dopo il D. Lgs. 154/2013 che ha eliminato la distinzione tra figli legittimi e figli naturali, essendo riconosciuto a tutti lo stesso stato giuridico.
E così, in un procedimento promosso dalla madre naturale, il Tribunale ha disposto con provvedimenti provvisori e urgenti, l’affido condiviso della figlia di due anni, regolando il diritto di visita paterno e riconoscendo al padre la possibilità di pernottamento durante i fine settimana secondo la regola dell’alternanza.
La madre, sostenendo che il padre non fosse “capace di occuparsi” della piccola, ma senza addurre alcuna prova che dimostrasse che il padre fosse una persona inadeguata o inidonea al ruolo genitoriale o che la sua figura potesse causare un pregiudizio al benessere psicologico e fisica della minore, violeva limitare il diritto di visita dell’ex compagno.
Il Tribunale, sostenendo che il limite al diritto di visita del genitore non collocatario può essere introdotto solo quando dalla frequentazione derivi un concreto pregiudizio, un nocumento per la prole – che ha comunque diritto a mantenere rapporti significativi e continuativi con entrambi i genitori anche quando oramia questi sono separati – e ritenendo che, nel caso di specie, non vi erano prove che riscontrassero l’inadeguatezza del padre, se non, probabilmente un pregiudizio, mosso da rancore, da parte della donna, e affermando che “solo esercitando il ruolo genitoriale un genitore matura e affina le proprie competenze genitoriali”, non ha limitato le modalità di visita del padre.
Le circostanze, quindi, per limitare il diritto di visita del genitore non collocatario devono essere non solo gravi e pregiudizievole per il minore stesso, ma anche comprovate, non certo mosse da un semplice pregiudizio o a priori!