Una scrittura privata può essere valida come testamento anche se priva di formule sacramentali. Lo afferma la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 8490 del 28 maggio 2012, ha precisato come una scrittura privata, per essere considerata un testamento olografo, deve contenere la chiara volontà del testatore di disporre dei suoi beni per il tempo successivo alla morte.
Nella fattispecie veniva esaminato uno scritto nel quale il de cuius esprimeva in modo ambiguo le propria volontà utilizzando l’espressione: “Tutti i miei beni … sono esclusivamente di proprietà della mia signora“, escludendo quindi dall’eredità la sorella che, ovviamente non contenta, aveva quindi citato in giudizio la cognata, chiedendo l’apertura della successione legittima.
Con sentenza di primo grado i giudici avevano ritenuto che tale scrittura non potesse essere considerata come un testamento, ma al più un atto di riconoscimento della titolarità dei beni; i giudici d’Appello, invece, avevano riconosciuto la moglie quale unica erede, in virtù del principio di “libertà delle forme testamentarie”.
La Suprema Corte, confermando in parte la sentenza della Corte d’Appello di Genova, evidenziando come la libertà di forma, ha avuto il significato di una sottolineatura della non necessità di formule solenni: affinchè un atto possa qualificarsi come testamento, è sufficiente che risulti in modo univoco dal suo contenuto che si tratti di atto di ultima volontà.
Gli ermellini hanno però sottolineato anche che, pur non essendo necessarie particolari espressioni, è necessario che dal complesso dello scritto possa desumersi chi siano i beneficiari delle disposizioni testamentarie e quali beni riguardino; e che inoltre essa configuri non un mero progetto, ma un concreto atto di disposizione testamentaria.
La Cassazione ha concluso quindi cassando con rinvio la sentenza d’appello affermando che il giudice del merito deve accertare se in tale scritto vi sia la sussistenza dei requisiti di forma individuati dall’art. 602 cod. civ. e la volontà attuale del suo autore di compiere un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso.